Hala Bedi porterà in tribunale al Governo Basco per imporre la Ley Mordaza (Legge Bavaglio) a uno dei suoi giornalisti
Dopo quasi un anno di processo, il Dipartimento di Sicurezza del Governo Basco ha confermato la sanzione al giornalista di Hala Bedi, Mikel Sáenz de Buruaga, al quale applicò la Legge di sicurezza urbana per riprendere in video una intervenzione della polizia nel quartiere Errekaleor (Vitoria-Gasteiz).
Hala Bedi ha annunciato che andrà fino alla fine per affrontarsi a quello che considera «un attacco alla libertà di informazione». Un attacco, che d’accordo con la denuncia, sarebbe «fondamentato in un rapporto falso elaborato per la Ertzaintza (Polizia regionale)», perciò accudirà a un giudizio contenzioso-amministrativo contro la risoluzione sanzionatoria.
Hala Bedi ha criticato duramente anche l’attitudine del Governo Basco, per avere applicato “una legge ingiusta che vulnera i diritti civili e politici» e per dare «appoggio istituzionale a un montaggio della polizia», per di più tenendo in considerazione che il Parlamento Basco adottò il compromesso di non applicare questa legge.
Alla fine del processo amministrativo, che hanno definito come «kafkiano», Hala Bedi considera che si sono vulnerati gravemente su diritto alla difesa, essendo state ignorate e rifiutate tutte le prove presentate, inclusi documenti audio visivi e dichiarazioni di testimoni diretti che contraddicono la versione della polizia.
Inoltre, la presenza di diversi elementi fanno credere a Hala Bedi che «effettivamente ci incontriamo davanti a un montaggio della polizia» costruito no il giorno dei fatti, ma posteriormente, come » castigo per il lavoro giornalistico realizzato nel quartiere Errekaleor» e come «vendetta per la denuncia pubblica» realizzata dopo l’aggressione ricevuta quello stesso giorno.
Ricostruendo i fatti Silenziate, colpite e, inoltre, castigate
Però che fu quello che successe realmente la mattina del 18 maggio 2017 nel quartiere Errekaleor? Perché il giornalista di Hala Bedi fu sanzionato dopo essere aggredito dalla polizia mentre faceva il suo lavoro? come è possibile che i rapporti della polizia non si parli del suo accreditamento stampa?
Quel 18 maggio, durante una intervenzione della polizia per un taglio della luce nel quartiere Errekaleor, due giornalisti di Hala Bedi si recarono a dare copertura alla notizia fin dalla mattina presto. Tutti i contenuti pubblicati durante quel giorno, ancora sono reperibili facilmente in internet: seguimento minuto a minuto attraverso i social network, connessioni telefoniche in diretta e un video que fu visto migliaia di volte durante quei giorni.
Verso le 12.30, il giornalista di Hala Bedi, Mikel Sáenz de Buruaga, fu aggredito da un agente de la Ertzaintza mentre registrava la attuazione della polizia con un telefono cellulare che fu lanciato all’aria intenzionalmente dall’agente e si danneggio completamente.
Dopo di questo, debitamente accreditato come personale della stampa, i due giornalisti esigerono la identificazione dell’agente a una delle persone che dirigevano la operazione. Finalmente a essere identificati furono i due giornalisti.
Nel caso di Mikel Sáenz de Buruaga, la polizia gli ritirò l’accreditamento stampa e la carta d’identità durante alcuni minuti, senza dare nessuna spiegazione. Finalmente, il comandante dell’operazione restituì i due documenti al giornalista e un foglio con il supposto numero d’identificazione dell’agente responsabile dell’aggressione, aggiungendo questa frase “Già vi conosciamo, sappiamo che siete dell’ambiente radicale».
Tutto questo successe senza nessun avviso al giornalista in relazione con comportamenti inadeguati e senza la notificazione di nessuna intenzione di sanzionarlo. Infatti, durante lo stesso pomeriggio, Hala Bedi diffuso un comunicato, denunciando pubblicamente quello che era accaduto.
Nel video a continuazione – presentato come prova in uno dei ricorsi, si può osservare come il giornalista di Hala Bedi si incontrava nel quartiere Errekaleor realizzando un lavoro strettamente giornalistico durante tutta la mattina, da dietro i cordoni della polizia: registrando con un telefono cellulare, diffondendo immagini nei social network o realizzando connessioni telefoniche con la radio.
Appena dopo il suo arrivo la polizia fece un altro cordone all’entrata dl quartiere che impossibilitò l’accesso a numerosi giornalisti di otri mezzi di comunicazione, che no potettero così raccontare i fatti da dove stavano succedendo.
Un processo kafkiano Il labirinto della Legge Bavaglio e i processi amministrativi
A pesare di tutto ciò, a luglio, quasi due mesi dopo i fatti, e senza nessun preavviso, Il Governo Basco spedi una notificazione al giornalista, imponendogli una sanzione di 602€ per una infrazione grave della legge sulla sicurezza urbana, più conosciuta come Legge Bavaglio.
La pratica sanzionatoria si basava su un rapporto della polizia che diceva che il giornalista di Hala Bedi avrebbe infranto l’articolo 36.6 della legge in questione compiendo «disobbedienza o resistenza all’autorità» avendo passato, si suppone, un cordone della polizia il 18 maggio a Errekaleor.
Un’accusa che sia Hala Bedi, sia il giornalista hanno negato tutto il tempo, considerando che la sanzione sarebbe una «vendetta» e un «attacco alla libertà di informazione».
In quel momento l’assemblea di Hala Bedi deciso rispondere collettivamente all’attacco e denunciarlo pubblicamente, insegnando su predisposizione a «disobbedire», non pagare la sanzione e proceder al ricorso finno alle ultime conseguenze. Questa stessa assemblea propose questa risposta a una «ingiustizia», giacché secondo quello che spiegarono, «La legge è ingiusta e i fatti imputati sono falsi».
La solidarietà e l’eco mediatico furono enormi, trattandosi del secondo caso nel che un giornalista basco soffriva l’applicazione della Legge Bavaglio (il primo fu Axier Lopez, giornalista d’Argia, a chi finalmente se le ritirò la sanzione). Molti collettivi e associazioni insegnarono su contrarietà, qualificando la sanzione come una violzione della libertà di stampa.
- Il 28 luglio, l’associazione Vasca dei Giornalisti e il Collegio Vasco di Giornalisti emessero un comunicato unico denunciando quest’attacco diretto al diritto d’informazione
- La Piattaforma per la Difesa della Libertà d’informazione (PDLI), presentò una reclamazione, dove denunciava «nascondere le multe contro la libertà d’informazione sotto le infrazioni generiche» e «l’aumento sproporzionato» di queste sanzioni.
- Ad agosto, Il Difensore del Popolo iniziò attuazioni per la reclamazione del PDLI. Parallelamente, Hala Bedi iniziò i contatti con l’Ararteko, che confermò che esisteva un caso aperto dal il Difensore del Popolo
- Recentemente la PDLI includeva il caso nel suo rapporto «2017, l’anno dei delitti d’opinione»
Hala Bedi denuncia che il giornalista ha sofferto una «situazione di indifesa» durante tutto il processo e che alla fine è stato multato per dei «fatti totalmente falsi». Così, critica vari elementi «costanti durante tutto il labirinto di notificazioni-ricorsi-notificazioni», riassumendo:
- Il fascicolo non accredita i fatti che si pretendono sanzionare. Il Dipartimento di SIcurezza del Governo Basco nega che Mikel Saenz de Buruaga si fosse identificato con l’accreditamento stampa, il che «risulta specialmente fragrante, mentendo su dei fatti che contano con dei testimoni», secondo la denuncia di Hala Bedi.
- A pesare di tutto ciò, si ricorre costantemente all’articolo 52 della Legge di Sicurezza Urbana, che afferma che «le denunce (…) formulate per gli agenti durante l’esercizio delle sue funzioni che avessero presenziato i fatti, con ratificazione(…) costituiranno base sufficiente per adottare la risoluzione che proceda. Il classico di» la parola sua contro la tua, portato al limite giacché non esiste nessuna possibilità di dimostrare il contrario. Per di più, attualmente, anche se sollecitato in diverse occasioni, la difesa segue senza avere ricevuto l’atto di ratifica degli agenti che fecero la denuncia, imprescindibile per applicare l’articolo 52.
- Si rifiutano le dichiarazioni presentate, scritte dai testimoni, ponendo in dubbio l’imparzialità, trattandosi di colleghi di Hala Bedi. Uno fu testimone diretto dei fatti e l’altra si trovava nella redazione, in contatto permanente con il giornalista sanzionato. Inoltre esistono documenti audio (interviste concesse in diretta a Hala Bedi) dove si può constatare che la persona accusata stava facendo il suo lavoro di giornalista.
- Non si accetta la validità del video come prova perché » non raccoglie totalmente i successi». Secondo Hala Bedi, questa affermazione «ignora completamente i contenuti del video e il fatto di che l’unico video valido come prova era quello del telefono cellulare distrutto».
«La formula è chiara: colpevole fino a che si dimostri il contrario», denunciano da Hala Bedi. Per questo hano detto no alla sanzione, a la validità di questo processo amministrativo in concreto e alla legge Bavaglio in generale. Considerano che il processo » si è costruito su una bugia» e hanno avvertito che arriveranno fino alla fine per conseguire che la ingiustizia non sia fatta.
Senza azzittarci, senza bavaglio In difesa della libertà d’espressione
Non si tratta di un caso isolato. Si tratterebbe del primo giornalista basco sanzionato con la Legge Bavaglio pero il Governo Basco ha applicato questa legge più di 8000 volte da luglio 2016 anche se aveva dato la parola di non farlo. In più si sta usando per vulnerare, tra altre cose, i diritti civili e politici, la libertà d’espressione, stampa e informazione.
Questo non è un attacco contro un giornalista , ma un attacco contro Hala Bedi, contro Errekaleor, contra il movimento popolare, contra la dissidenza politica e sociale e specialmente contro la libertà d’informazione. Hala Bedi deciso disobbedire a questa legge eccezionale e seguirà attuando di conseguenza perché l’accusa è falsa e perché la legge è ingiusta e mette in percolo le libertà basiche di una democrazia. Un sistema che impedisce ai cittadini a accedere a tutta l’informazione e criminalizza il lavoro giornalistico, non si può considerare democratico.
Non possiamo e non accetteremo che il semplice testimonianza di un poliziotto si usi come prova; suppone ammettere che il poliziotto fa il suo lavoro con professionalità e il giornalista no. Questo non si può ammettere, perché mette in pericolo la libertà d’informazione e la professionalità delle persone che svolgono funzioni giornalistiche. Non fare caso a questo dettaglio, sarebbe permettere a qualsiasi poliziotto abusare su quei giornalisti o mezzi di comunicazione che non gli piacciono.
In qualche settimana, Hala Bedi presenterà un ricorso contenzioso-amministrativo contro la risoluzione sanzionatoria. Cosi dimostreremo l’intenzione di usare tutte le vie possibili e arrivare al tribunale per potere difendere come si deve non solo la libertà d’informare ma anche il diritto collettivo alla diversità informativa.
Mentre, seguiamo facendo il nostro lavoro come abbiamo fatto fino a adesso. Questo sarà il maggior atto di disobbedienza possibile a questa ingiustizia. Senza azzittarci, senza bavaglio.
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